Nella tradizione orientale al maestro (guru = dissipatore di tenebre) viene attribuito un ruolo importante, che non è però da sopravvalutare, ma piuttosto da inquadrare nella visione spirituale della disciplina yoga.
“La saggezza di seconda mano è apprezzabile quando abbia la funzione di un segnale che indica la via, ma è troppo facile prenderla per la via stessa e addirittura per la destinazione del viaggio” (Watts A., Lo Zen – un modo di vita, lavoro e arte in Estremo Oriente, Milano, 2005, Bompiani, p. 14).
L’obiettivo dell’insegnamento è far venire fuori la natura dell’allievo, coltivare i semi, porre i presupposti affinché ognuno possa costruire e gestire nel migliore dei modi la propria via nel mondo.
Dunque, non travaso di nozioni o di erudizione, né indottrinamento, ma comunicazione di esperienza utile allo sviluppo di libertà e responsabilità e alla capacità di mantenere e ripristinare equilibrio e armonia.
Per lo Yoga sapere molte cose non insegna ad “avere intelletto”: sapere è praticare, chi sa pratica; conoscenza, dunque, è praticare la propria strada nella vita, secondo la propria coscienza ed esperienza.
Da queste premesse si possono desumere alcune importanti caratteristiche del rapporto tra maestro e allievo.
Il maestro svolge la sua attività con atteggiamento meditativo, rendendosi vuoto e aperto, per andare oltre un rapporto dialettico: la sua mente e quella dell’allievo formano una mente unica e lavorano insieme.
L’insegnamento e l’apprendimento esprimono comunanza di vita, maestro e allievo procedono insieme traendo reciproco vantaggio e sviluppo; il rapporto educativo è già parte della realizzazione di vita.
Il maestro si muove non secondo i suoi desideri, né in modo rigido o forzato, bensì seguendo l’ordine stesso delle situazioni ed il loro svolgimento.
La finalità del suo insegnamento è quello di guidare l’allievo verso un metodo di conoscenza e di azione; il suo obiettivo è quello di comunicare un sapere che corrisponde ad una modalità di essere, di porsi rispetto agli eventi della vita, basato sulla consapevolezza del presente, che rende unico ogni istante.
Il suo insegnamento è che non può esservi miglior maestro di quello che si può trovare in sé stessi, liberandosi da ogni pregiudizio mentale e conformismo sociale; l’unico Maestro è solo la Vita nella sua totalità e nei suoi infiniti modi di esprimersi.
In questo delicato cammino, pericoli da evitare sono dipendenza e subalternità, autoritarismo e soggezione, superiorità interne al gruppo e tra il gruppo e l’esterno, utilitarismo, consumismo e superficialità, presunzione di possedere verità da imporre agli altri.
Per quanto riguarda il metodo, alcune caratteristiche da tenere in considerazione sono:
- libertà dagli schemi e varietà di stili per adattarli ai bisogni ed alle potenzialità delle situazioni;
- attenta scelta delle parole, dei toni della voce e delle posture;
- privilegiare il fare sullo spiegare;
- esempio come insegnamento;
- centralità dell’esperienza personale;
- uso sia del discorso pubblico che del colloquio privato;
- gestione disciplinata per sviluppare capacità di autodisciplina e organizzazione.
Il maestro non è mai perfetto, ma, come l’allievo, un essere in evoluzione; nel percorso di evoluzione coltivano e crescono insieme nelle virtù più significative: disponibilità all’ascolto, al dialogo e alla comprensione, accettazione e pazienza, gentilezza, buon umore, senso dell’umorismo e autoironia, calma e appagamento ed in particolar modo modestia.
L’allievo, da parte sua, per poter instaurare una relazione produttiva, deve avere fiducia nell’insegnante rispettandolo e seguendo con attenzione le indicazioni. Fiducia ancora maggiore va riposta negli insegnamenti dello Yoga, non per aderirvi ciecamente, ma per poterli sperimentare; essere disposti a provare qualcosa, senza pregiudizi, è condizione necessaria per conoscere.
Ciò senza rinunciare a una partecipazione critica e responsabile, per riflettere sull’esperienza ed elaborarla in proprio, anche esprimendo dubbi o perplessità.
La relazione tra insegnante e allievo è guidata dal sentimento di comunanza nel cammino della Via.